La storia

Ciò che colpisce chi entra nel Regio Cantiere di Castellammare è uno strepito risultante dal picchiar cadenzato di cento martelli, dallo stridore delle lime e delle seghe, da un continuo e limpido tintinnio metallico. L’occhio è subito attratto dagli scheletri ferrei di quei colossi marini che sono una grande audacia in fatto di proporzioni e di struttura, e intorno a cui un esercito d’operai, come uno stuolo di formiche, si aduna per le varie faticose cure, tutti affaccendati, alcuni ritti sulle impalcature che circondano le navi, altri sospesi alle corde. Chi monta sollecito una scala sottile e altissima, chi comanda e chi prontamente esegue…

Varo vascello Vesuvio – autore Salvatore Fergola ( Palazzo Reale di Caserta)

Nel 1471 i frati Carmelitani, chiamati dal Vescovo Nicola Anfora fondarono a Castellammare un convento ed una chiesa vicino al mare in località chiamata dell’Acqua Rossa. Nel 1605 gli stessi frati abbandonarono il loro antico monastero e ne costruirono un altro, molto più grande, presso la chiesa dell’Annunziata verso l’estremo ponente della città. Tutt’intorno c’era spiaggia e gli stabiesi, dediti al commercio marittimo costruivano e riparavano barche.

Difatti si ha notizia che circa vent’anni prima furono costruiti a Castellammare tre galeoni su espressa richiesta di re Filippo II. Il primo dei tre fu il galeone Santiago de Galicia o (San Giacomo di Galizia ) costruito nel  1590 e varato nel novembre dello stesso anno sotto la direzione del maestro d’ascia Colea o Colela Bonifacio ( il nome potrebbe essere una forma alterata o ipocoristica di Nicola), Captain/owner (capitano/proprietario) Giovanni di Polo (Jacopo Juan de Polo),  si trattava di un galeone a tre ponti da 1050 tonnellate, l’artiglieria era formata da 20 cannoni in bronzo, l’equipaggio era formato da 138 uomini. Due anni dopo nel maggio del 1592 fu varato il Santissima Trinidad Y san Vincente maestro d’ascia Paulo delo Dolabe, capitano/proprietario Vicencio (Vincenzo) Vuladi,  portata 1000 tonnellate e come artiglieria dotato di 20 cannoni in bronzo; il terzo, sempre nello stesso anno a luglio 1592 il San Mateo Y san Francisco maestro d’ascia, lo stesso del Santiago, Colea o Colela Bonifacio, capitani/propietari  Mateo Hiermich e Francisco Sparlenta, artiglieria  sempre da 20 cannoni in bronzo, portata 900 tonnellate.

Veduta di Castellammare di Stabia (tratta da: G.B. Pacichelli, il Regno di Napoli in prospettiva, 1703)

Verso il 1778 i Carmelitani lasciarono il convento e la città pertanto re Ferdinando IV fece trasformare il monastero in bagno penale. Nel 1780 il ministro Giovanni Edoardo Acton svolse un indagine al fine di individuare un sito dove far nascere un moderno cantiere in grado di dotare la Regia Flotta di nuove navi. La scelta cadde su  Castellammare, il luogo era denominato “ ‘o pontone” una vasta area dove già c’era un cantiere di vascelli. Boschi di proprietà demaniale a Quisisana  garantivano legname, le abbondanti acque minerali invece permettevano un trattamento del legno, i collegamenti con Napoli potevano poi avvenire su strada larga e comoda. A questo si univa  la sicura competenza dei maestri d’ascia stabiesi, i calafati  ed i cosiddetti falegnami del mare. La realizzazione del Real Cantiere di Castellammare fu approvata da Ferdinando IV di Borbone, i lavori per la realizzazione furono seguiti dall’ing. Bianchini e dall’ingegnere francese Antonio Imbert, completati il 20 giugno  1783. Ben presto divenne il maggiore stabilimento navale d’Italia per grandezza, con 1.800 operai. Accanto alle maestranze qualificate costituita dagli stabiesi, furono utilizzati  per i lavori più pesanti i galeotti. La materia prima era stivata in enormi magazzini; le acque minerali  convogliate in grandi vasche servivano a tenere a mollo il legname per accelerarne il processo di stagionatura. All’epoca c’era uno scalo stabile per la costruzione di vascelli e due provvisori adibiti alla costruzione di corvette.

Vi è da dire peraltro che già in epoca angioina a Castellammare si costruivano navi per  l’armata reale. La prima nave da guerra costruita nel 1786 fu la fregata Stabia, l’anno seguente fu varato il vascello Partenope, poi la fregata Pallade e la corvetta Flora e negli anni a seguire decine di altre imbarcazioni . Dieci anni dopo fu costruito lo Stabilimento Produzione Cordami nei pressi del cantiere, tutt’oggi esistente, e fu creata la Scuola di Applicazione del Genio Navale Per quanto si lavorasse nel cantiere era impossibile fabbricare contemporaneamente più di un vascello e di una fregata, per cui dopo il 1808 il cantiere venne ingrandito, per ordine di Gioacchino Murat. Il primo varo nel cantiere così ingrandito, fu quello del vascello Capri nel 1810, segui il Gioacchino nel 1812, dopo il quale bisogna aspettare al 1824 per trovare un altro varo, quello del vascello Vesuvio. Un’attività speciale ebbe il cantiere quando vennero in uso le navi a vapore. Nel 1843 fu impiantata una macchina a 10 argani per tirare a secco le navi da riparare. Dal 1841 al 1846 il cantiere costruì quattro pirocorvette: Archimede, Carlo III, Ercole e Sannita.

Sotto la dinastia borbonica furono varate navi tra le più moderne e veloci dell’epoca, dotate di macchine da 300 cavalli. La presenza dell’importante cantiere navale e della Reggia di Quisisana fecero si che a Castellammare si installassero ben 17 sedi consolari: Austria-Ungheria, Francia e Gran Bretagna, Grecia, Spagna, Olanda, Paraguay, Turchia, Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Russia, Sardegna, Svezia e Stati Uniti d’America.

Pianta Cantiere 1926

Così descrive il Cantiere Achille Gigante nel 1845: “Esso fu qui stabilito da Re Ferdinando IV, fin da’ primi anni del suo regno, occupandovi un vasto spazio di terreno, nonché l’abolito monasterio de’ Padri Carmelitani. Di buone fabbriche il sussidiò quel principe e di utensili e  macchine necessarie quali a quei tempi poteansi desiderare. Oggidì è il primo arsenale del regno, e tale che fa invidia a quelli di parecchie regioni d’Europa. Sonovi in esso vari magazzini di deposito, e conserve d’acqua per mettere a mollo il legname, e sale per i lavori, e ferriere, e macchine ed argani, secondo che dagli ultimi progressi della scienza sono addimantati, e mercè dei quali abbiamo noialtri veduto con poco di forza e di gente tirare a secco un vascello nel più breve spazio di tempo“ [era il Capri di 1700 tonnellate, il cui alaggio impegnò agli argani, in turni successivi, 2400 uomini: la grandiosità dell’impresa fu immortalata in un acquerello]. 1)

 

 

1)  “Viaggi artistici per le Due Sicilie“, Napoli 1845

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