Articolo

Tore ‘e Criscienzo e Totonno ‘a Porta ‘e Massa sotto ‘a scala ‘e Tatone

 articolo a cura del dott. Giuseppe Plaitano

Scala e Tatone

Sotto “‘a scala ‘e Tatone”, così denominata dal nome del proprietario dell’omonimo palazzo (tale Tatone Pappalardo), era ubicato al pian terreno un locale angusto, conosciuto come “‘o Sancarlino”, nel quale venivano rappresentate a puntate le gesta dei poemi cavallereschi. Anche se di età diversa, il pubblico frequentatore dell’opera dei pupi, era quasi sempre di soli uomini, gente semplice del popolo, che dopo aver trascorso una giornata di lavoro al Cantiere, in bottega come manuale o artigiano, andava a trascorrere un paio d’ore seduto sul duro di una panca di legno. Il costo del biglietto d’ingresso era di pochi soldi: con quei pochi spiccioli ci si divertiva e si “passava ‘a serata” ridendo sulle battute comiche del buffone, o arrabbiandosi quando invece il traditore tramava contro il protagonista.

Il locale dove era ubicato il teatrino, indicato dalla freccia rossa (foto Chiara Plaitano)

Non si rappresentavano solo gesta epiche perché quelle che suscitavano maggiore interesse erano le storie vere in cui si narravano le vicende di guappi napoletani: tra queste, molto seguiti erano i duetti tra Tore e Criscienzo(1) e Totonno ‘a Porta ‘e Massa.
Tore e Criscienzo, guappo carismatico, era rappresentato non necessariamente come un delinquente o assassino, ma come il “guappo” che difende il debole e aiuta chi soffre. Proprio nel vuoto di potere ufficiale creatosi a Napoli tra “il passaggio”dai Borbone all’avvento dei Savoia , si collocano i guappi dell’Ottocento(2); nell’immaginario popolare, nelle loro gesta riviveva la violenza in positivo, il contropotere, messo in atto da eroi popolari in cui una grande nobiltà d’animo conviveva con la violenza. I temi legati al mondo della “guapparia”, anche se con tonalità forti, venivano rappresentati sempre filtrati attraverso una certa comicità ed un tono farsesco. La cronaca nera forniva il materiale che veniva portato sulla scena. I pupari per ottenere il consenso generale degli spettatori facevano sì che nel finale trionfasse la virtù, mentre, la mala sorte e la cattiveria finivano sempre per essere punite. I traditori erano l’infedele Gano di Maganza per l’Orlando e Rinaldo e, appunto Totonno ‘a Porta ‘e Massa, per le scene di “guapparia”. Su questi personaggi si accaniva l’appassionato (il tifoso odierno, allora conosciuto come “‘o patito ‘e Rinaldo”) le cui invettive andavano all’indirizzo de “’o malamente”.

Orlando e Rinaldo

Con questi traditori s’apriva un dialogo a braccio, il più delle volte era il pupo (forse meglio dire il puparo) che stuzzicava il “tifoso” di turno fino a mandarlo in escandescenza. Tanto lo si caricava che questi, arrivando all’esasperazione, lanciava sul palcoscenico quello che aveva a portata di mano, cappelli, giacche, finanche scarpe, sfogando così l’istigazione. Non di rado si assisteva ad uno spettacolo nello spettacolo, si scatenavano zuffe (a volte anche mosse da semplici antipatie fra gli astanti), fra le diverse fazioni; c’era anche chi, dopo un bicchiere di vino di troppo, saliva sul palco a sfogarsi col pupo, e non sempre aveva la meglio (i pupi erano di legno con l’armatura di metallo). Tornava poi al posto, tra l’ilarità dei presenti, convincendosi, in quell’occasione, di aver vinto la battaglia. Questo ovviamente contribuiva allo stesso tempo a legare ed alimentare ancora la popolarità e a far aumentare  il pubblico agli spettacoli. Dopo la rappresentazione si commentava l’accaduto, sia dentro che fuori dal teatro e la sera dopo… ci si ritornava. Gli assidui conoscevano a memoria le storie per averle viste e ascoltate più volte, tanto da recitarle in sottofondo. Succedeva poi che, se qualche sera per mancanza di tempo od altro motivo, si tagliava qualche scena o battuta, al termine dello spettacolo ”’o patito ‘e Rinaldo” richiamava il proprietario dicendogli: “Stasera …ce’ avete ‘mbrusato!”.


Note:
La signora Luisa Cascone, madre dell’amico Peppeniello di Capua, titolare dell’antico e rinomato Biscottificio Cascone di via Bonito, sito a pochi passi dalla “Scala ‘e Tatone”, in esclusiva racconta: “Mi ricordo bene di quel piccolo locale; anche io, spesso insieme ad altre bambine, mi intrufolavo per assistere agli spettacoli, a furia di sentirli imparavamo qualche battuta a memoria che poi usavamo giocando fra ragazzi. Ricordo anche di un certo Tobia Zanco, un giovane “più istruito” che trascriveva i testi sui copioni. Dopo diversi anni di attività, questo teatrino si trasferì in un altro locale sito in via Santa Caterina”.
(1) Tore ‘e Criscienzo, nato nel 1816, a 14 anni, entrò a far parte della Bella Società Riformata ed a soli 33 divenne capo indiscusso della stessa, anche se inutilmente, ostacolato dal capintrito Antonio Lubrano detto Totonno ‘a Porta ‘e Massa. Era di carattere fermo e deciso, spietato con chi lo meritava, buono con quanti avevano bisogno, in particolar modo con i bambini. Nel 1849 fu arrestato per la prima volta ma, nonostante due omicidi, uscì dopo pochi anni e il suo primo ordine fu la condanna a morte di alcuni camorristi, tra cui quel Lubrano che lo aveva ostacolato, e aveva cercato di scalare il vertice in sua assenza. Ma per un motivo non conosciuto a Totonno fu risparmiata la vita.
(2) Salvatore De Crescenzo, fu invitato dal prefetto Liborio Romano ad entrare, con tutti i suoi affiliati, nella Guardia cittadina, evento che lo incoronò come il più potente dei camorristi.

 

 

 

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